Si parte subito per la seconda tappa; attraversando il paese di Favrio Diego, collaboratore dell’Ecomuseo, per tutta la giornata ci terrà all’interno dei tempi previsti, ricoprendo un ruolo “scomodo” ma fondamentale per la riuscita dell’iniziativa. Camminando per questi piccoli borghi ci spiega l’architettura delle antiche case rurali, dove l’aia era adibita a essiccatoio e stoccaggio di fieno con il caratteristico “pont de l’èra”, per accedere direttamente col carro e le slitte alla parte superiore. Ci spiega che i paesi, posti al margine della valle, hanno mantenuto storicamente le tradizioni e le antiche architetture con una forte presenza contadina legata ad un’agricoltura e un allevamento di sussistenza.
Durante i difficili anni di fine ‘800 con le frequenti carestie e le difficili condizioni di vita gli uomini adulti erano spesso costretti ad emigrare. In seguito, gli anni della guerra hanno segnato profondamente la vita della popolazione che qui viveva. Alla fine del conflitto il lento ritorno alla normalità e la necessità di spostarsi nelle città per lavorare hanno qui cristallizzato lo sviluppo che si è avuto nel dopoguerra in altre località vicine. Questi borghi non hanno visto il boom economico che ha caratterizzato le località turistiche invernali, con lo sviluppo di strutture alberghiere e degli impianti sportivi di risalita, o l’afflusso del turismo di massa del lago di Garda e ciò ha permesso di conservarne l’aspetto tipico rurale. Ad oggi questi paesi conservano in parte questo ritmo lento, gli antichi edifici e le abitazioni tradizionali che ora vengono valorizzate.
Racconta poi di storie e leggende, come quella delle streghe della Val Marcia, dove si trovano cinque croci di ferro che viste dall’alto formano una sola croce. Questa stava a delimitare il mondo degli umani da quello delle streghe, che pare facessero dispetti agli abitanti dei paesi, ben rappresentato nei murales di Balbido.
Un luogo simile si trova nella Val Lomasona e rappresenta il limite tra il mondo degli umani e il mondo delle streghe. Gli abitanti del Lomaso credevano infatti che lassù in alto nella grande apertura posta sul fianco del monte Casale vivesse la regina delle streghe. Queste erano abili nel cambiare forma e tramutarsi in animali che popolano i boschi, nello scatenare tempeste e grandinate per rovinare i raccolti, nel far visita alle case per rubare i bambini da mangiare di notte. Gli abitanti eressero una grande croce di legno all’uscita della valla. Chiamarono il luogo el dos dele strie: fin lì potevano arrivare diavoli e streghe, ma non oltre.
Il carattere selvaggio di queste valli ha sempre impressionato le genti e ha conferito a questi luoghi un suggestivo mistero. Incidenti che capitavano ai contadini che raccoglievano materiale nel bosco erano ricondotti a queste presenze non umane e spesso si individuavano nelle streghe le donne che vivevano isolate, grandi conoscitrici dei boschi e dell’uso delle erbe per curare gli accidenti.
Questi racconti sono ancor più numerosi nella vicina Val Genova, in Val Rendena, dove leggenda narra furono proprio i Padri del Concilio di Trento a relegarvi streghe e diavoli.
E poi sono rimasta incantata dalla descrizione della Val Lomasona; un luogo dove sembra che il tempo si sia fermato. Superate le aziende agricole ci si addentra in una valle senza tralicci elettrici o costruzioni dell’uomo, dove regna il silenzio rotto solo dai suoni della natura. Si possono percorrere i sentieri a piedi, a cavallo o in bicicletta che portano al rifugio San Pietro e ai borghi del comune di Tenno.
Poi alzando lo sguardo, in alto su una montagna, mi mostra un luogo, il sito di San Martino del Lomaso, che conserva i segni di una fortezza barbarica. Gli importanti resti di antiche costruzioni, portati alla luce grazie agli scavi condotti dalla Soprintendenza della Provincia di Trento, dall’Università di Trento e l’Accademia Bavarese, fanno pensare ad un luogo fortificato, un accampamento militare con zone di appostamento, vista la posizione strategica, forse di età carolingia o addirittura longobarda. Questo territorio pieno di storia è veramente affascinante.
Il primo incontro inizia a mettere in moto riflessioni e domande. La dott.ssa Pisseri, sostiene che camminare osservando è il miglior modo di fare esperienza del paesaggio e degli animali. Così risposte molto tecniche come comprendere la funzionalità del rumine in una vacca, diventano leggere e si stemperano nella natura. Continuare a camminare fa “ruminare” i concetti, che inseriti nel proprio ambiente diventano chiari e chiarificatori.
AZIENDA AGRICOLA AGRILIFE di MOIRA DONATI
Si arriva agevolmente all’azienda Agrilife. L’attrazione sono gli asini, animale non comune in queste zone. L’attenzione è grande anche perché Moira, l’allevatrice ha una personalità coinvolgente ed entusiasta.
Spiega il progetto: alleva 45 asini per la produzione di latte alimentare e la prima attenzione è rivolta al benessere animale: gli asini stanno al pascolo la maggior parte del tempo, fino a che il tempo lo permette, e grazie al lavoro di consulenza della Dott.ssa Pisseri, ha potuto portare ulteriori miglioramenti alla gestione aziendale.
La foto illustra i due pascoli: qui davanti il pascolo turnato, in fondo il pascolo fisso.
Il progetto si basa sulla dimostrazione che un pascolo turnato emette meno CO2 (gas serra) di quello continuamente calpestato e impoverito. Non solo, con la turnazione gli asini hanno la possibilità di avere sempre erba fresca a disposizione, che ha elevato anche quanti-qualitativamente la produzione del latte, che ora è più ricco di vitamine e omega 3 e 6 rispetto al passato.
Anche la sperimentazione ha suscitato interesse. La spiega la Dott.ssa Silvia Baronti dell’Istituto di Biometereologia del CNR di Firenze.
Su questi pascoli sono stati inseriti dei “collari” nel terreno che sono indicatori della produzione dell’anidride carbonica (CO2) e ossidi di azoto. Si vuole dimostrare che terreni dove il cotico erboso (l’erba del pascolo) è sano, ben concimato e ben pascolato, senza troppo carico di animali e trattamenti chimici, si sviluppano meno CO2 e azoto rispetto a un pascolo dove il calpestamento e l’eccessiva concimazione provocano una elevata emissione dei gas, responsabili dei danni ambientali e climatici che conosciamo. Un altro pericolo è la compattazione del terreno dovuta al calpestamento sempre delle stesse aree, che crea uno strato impermeabile dove l’acqua scivola senza essere assorbita. La mancanza di ossigeno nella zona di terreno compattata provoca una riduzione della biodiversità dei microrganismi che compongono il terreno e la sua fertilità viene compromessa. L’acqua scivolando via trascina con sé lo strato superficiale e più fertile del terreno, dando luogo al fenomeno dell’erosione, che porta nel tempo alla desertificazione di vaste zone che potrebbero invece essere molto fertili.
Al centro della foto la dott.ssa Silvia Baronti con in mano un collare che viene posto in terra per calcolare la CO2 a sinistra il Prof Caporali, padre dell’agroecologia e a destra la dott.ssa Pisseri consulente veterinaria per le aziende del progetto INVERSION
Moira, ci ha preparato un bel rinfresco a base di prodotti aziendali, succhi e marmellate veramente squisiti, per non parlare di lamponi e corbezzoli freschi, una vera delizia!
Moira ci offre un rinfresco a base di marmellate, succhi di frutta e frutti di bosco freschi
Le gustose marmellate di Moira
Si riparte di buona lena, gli zuccheri danno energia per affrontare un lungo tratto.
La camminata tra un luogo e l’altro dà la possibilità di entrare dentro questa esperienza e di riflettere su un concetto complesso come l’Agroecologia, che ha come base antiche tradizioni come fare il fieno, portare le vacche all’alpeggio ma che ha introdotto anche innovazioni tecnologiche come la rotazione e la turnazione dei pascoli, la coltivazione di specie vegetali per alimentazione animale non in competizione con l’uomo, le lavorazioni non invasive dei terreni, il calcolo del carico animale, la cura dei pascoli e le alternanze delle coltivazioni, l’uso limitato e consapevole dei farmaci attraverso pratiche di benessere animale e ambientale, analisi antiparassitarie preventive secondo metodiche di tipizzazione e quantificazione dei parassiti, l’utilizzo di razze rustiche e la selezione in base alla resistenza alle malattie e alle parassitosi mantenendo uno standard produttivo accettabile.
Le asine di Agrilife su pascolo turnato
Queste pratiche, in alternativa a un sistema di allevamento intensivo che ha portato a un cambio della natura del territorio, con ripetitive coltivazioni di mais e capannoni adibiti a stalle con progressivo abbandono delle malghe, hanno aperto uno spiraglio di cambiamento. Si può cambiare, migliorando le condizioni dell’ambiente in cui si vive, e ci si può anche vivere senza abbandonare il territorio dove si è nati e cresciuti.
Ora la riflessione si fa più profonda e articolata e il dialogo tra i partecipanti si fa più serrato. Si delinea la differenza tra il sistema agroecologico e il sistema tradizionale, dove non c’è demonizzazione di quest’ultimo, ma solo una ricerca di superamento in chiave ecologica. L’interazione tra l’esperta e i partecipanti è stata ottima, camminare ascoltando e respirando il paesaggio è una esperienza che arricchisce e che avvicina e che fa comprendere bene il cambiamento che si sta per intraprendere.
La dott.ssa Pisseri, medica veterinaria, assiste le aziende del progetto “INVERSION”
Nel frattempo si continua a camminare, facendo questa doppia esperienza. Si cammina sempre dentro un contesto naturale e dentro un contesto sociale; e siccome, i piedi fanno muovere il pensiero, è inevitabile domandare e domandarsi. (Adriano Labbucci nel suo saggio “Camminare, una rivoluzione”).
Il tratto tra l’azienda Agrilife e il comune di Campo Lomaso è stato abbastanza lungo e sotto un sole estivo particolarmente caldo.
Lo sforzo è stato ricompensato da un ottimo pranzo di cucina locale organizzato e offerto dalla Proloco Piana del Lomaso, che ha rifocillato a dovere il gruppo di partecipanti. Un ringraziamento va a tutti i volontari che di domenica hanno lavorato per poter realizzare questo momento conviviale.
Sala della Proloco della Piana del Lomaso preparata per il pranzo dai volontari